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Approfondire RADIOCOMANDI Frequenze e codifiche: istruzioni per una corretta duplicazione Il contributo della società Kalcic di Trieste passa in rassegna le frequenze in uso e le codifiche adottate nei radiocomandi. Nozioni di base per valutare come affrontare una corretta duplicazione. Il radiocomando al servizio dell’automazione civile inizia a diffondersi oltre vent’anni fa. L’impiego tipico convolge la movimentazione di cancelli carrai, bascule dei box e di tutte le automazioni motorizzate che in origine venivano azionati con comandi meccanici come i pulsanti o gli interruttori a chiave. Attualmente, la diffusione di questi dispositivi è simile per importanza a quella delle normali chiavi. Le frequenze in uso In oltre vent’anni la tecnologia utilizzata per questo genere di prodotti si è avvantaggiata di una notevole evoluzione, sia per quanto riguarda la parte a radiofrequenza sia per i sistemi di codifica adottati. I primi sistemi di radio controllo lavoravano a bassa frequenza, su un range che si estendeva da 27 a 41 MHz: erano quindi radiocomandi dagli ingombri spesso notevoli a causa delle antenne in ferrite avvolte e delle batterie utilizzate (9 V). Questi radiocomandi vennero sostituiti nel tempo dai sistemi detti a ‘frequenza libera’ operanti in alta frequenza e in una banda compresa, normalmente, tra i 260 e i 350 MHz. Questa nuova categoria, non avendo più la necessità di comprendere antenne ingombranti e alimentazioni consistenti, ha dato il via a famiglie di prodotti finalmente tascabili. In seguito, le normative europee hanno regolato e imposto le frequenze utilizzabili per l’automazione, trasformando quello che era un enorme caos creativo in qualcosa di standard. Le frequenze in uso attualmente sono quattro: due in bassa frequenza (40,665 MHz e 40,685 MHz) e due in alta frequenza (433,92 MHz e 868,35 MHz). Le frequenze che prima erano comprese tra i 260 e i 350 MHz sono ora proibite. Importante è sottolineare che in bassa frequenza ogni stato europeo ha in deroga due 26 Sistemi Integrati - Tv Digitale Volume 3 - 2012 canali oltre a quelli indicati; nel caso dell’Italia hanno le seguenti frequenze: 30,875 MHz e 30,900 MHz. Le codifiche adottate Come si sono evoluti i radiocomandi, negli anni si sono evoluti anche i codici trasmessi da questi apparecchi. Si è passati quindi dalle prime forme di trasmissione empiriche a codici fissi sempre più particolari e complessi, fino all’avvento dei codici variabili detti anche ‘rolling code’. La distinzione e la comprensione di questi tipi di codici sono fondamentali per la tipologia del lavoro da affrontare. In un sistema funzionante a codice fisso, è possibile realizzare i cloni dei radiocomandi copiandone frequenza e codice; non è necessario nessun intervento sulla ricevente. Per contro, i sistemi rolling-code prevedono che ogni singolo radiocomando operante con la ricevente sia preventivamente riconosciuto e memorizzato. Non è più la semplice copia di un radiocomando ma la ricostruzione di un sistema criptato e, quindi, le variabili da considerare in fase di copia sono molto più numerose e richiedono l’applicazione di tecnologie più complicate del semplice radiocomando per autoapprendimento. Una corretta duplicazione Alla base di una buona duplicazione dei radiocomandi a codice fisso ci sono diverse variabili da considerare: la più importante è il metodo con cui si estrae il codice dal radiocomando originale e lo si riproduce sul clone. Attualmente, il sistema più diffuso è quello dei radiocomandi cosiddetti per autoapprendimento. Questi apparecchi sono in grado di campionare


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