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Audio Pro diffusori contribuiranno al suono che lo raggiunge. Ipotizziamo un array lungo 2 metri e, come riferimento, una banda di frequenze medie (800 ÷ 3.000 Hz): il punto più vicino dove possiamo apprezzare l’intera emissione di tutto l’array di sorgente è a circa 10 metri di distanza dalla sorgente stessa. Questo non significa che a 10 metri si avrà il punto di massima emissione, cioè di SPL, ma vuol dire che in una qualsiasi posizione inferiore ai 10 metri l’ascoltatore avrà su di se il fuoco di una porzione sempre più limitata di sorgenti, quindi non subirà il normale effetto di aumento di volume tipico di un diffusore tradizionale point-source. Semplificando ancor più questo concetto possiamo dire che l’ascoltatore seduto nelle ultime file sarà in grado di sentire bene allo stesso modo dell’ascoltatore seduto in prima fila perché il suono verrà distribuito con uniformità su tutta la superficie. Diversamente la prima fila sarebbe investita da un volume troppo elevato e quindi fastidioso. Risposta costante al feedback da microfoni aperti Se è chiaro il significato del paragrafo precedente, allora questo effetto avviene di conseguenza. Un microfono, fondamentalmente, è un ascoltatore; quindi, come l’ascoltatore può apprezzare una copertura costante e uniforme del suono nella sala, così potrà fare il microfono. Ciò si tramuterà in un punto di feedback praticamente identico in tutto l’ambiente, sia che il relatore parli dal podio oppure che si muova fra le poltrone della sala. Ovviamente, ci sarà sempre un punto di feedback, considerando anche eventuali riflessioni generate da pareti e superfici nell’ambiente; solitamente, 18 Sistemi Integrati - Audio/Video Volume 4 - 2013 però, un sistema formato da PA + microfoni risulterà molto più controllabile e stabile di un sistema PA composto da molti diffusori pointsource. Riduzione di problemi dovuti a riflessioni provenienti da pavimenti e soffitti Creare un array, nel nostro caso un line array verticale, porterà ad avere una riduzione dell’emissione verticale dello stesso (stiamo creando un’onda cilindrica e non più sferica) quindi il suono non si disperderà più anche sull’asse verticale. Il tutto si traduce in una riduzione drastica di onde che andranno a perdersi o a riflettere contro pavimenti lucidi in marmo, soffitti a volta o tutte quelle superfici critiche che contribuiranno al disturbo della nostra sala conferenze. Perché oggi si può? Le prime teorizzazioni e gli esperimenti su array di altoparlanti risalgono alla fine del 1800, primi del 1900. Nelle chiese, ad esempio, sono ampiamente usate da sempre, con una qualità non sempre adeguata. Inoltre, nel recente passato (alcuni decenni) ci siamo abituati a vedere grandi line array nei concerti live che si tengono in spazi aperti, come stadi di calcio o grandi piazze. In effetti, per questi eventi possiamo affermare che viviamo in un periodo dove il line array è in voga. E allora perché non mettiamo un bel cluster da 12 elementi anche nella nostra sala conferenze? Soprattutto per un problema di spazio (non ci entrerebbe) oltre al fatto che l’architetto non ci troverebbe d’accordo. Il ruolo dell’elettronica e dei materiali Le soluzioni che oggi possiamo adottare sono state realizzate sfruttando lo sviluppo di due know-how specifici: le elettroniche di pilotaggio e i materiali dei trasduttori. I diffusori line array possono riprodurre gamme di frequenze sufficientemente ampie con volumi che ne permettono un utilizzo persino in concerti di musica live, grazie ai materiali con cui possiamo costruire trasduttori e diffusori, e alle elettroniche che consentono di processare i segnali con particolare efficacia. Stiamo parlando di array composti da trasduttori wide-range, che si occupano Figura 1a. Figura 1b.


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